giovedì 30 giugno 2016

Baby

Chi lo avrebbe mai detto: un piccolo bambino dalla pelle blu mi ha cambiato la vita. Bhe non proprio la vita, diciamo alcune sfaccettature particolari ma non di secondaria importanza.
Il piccolo Moses è venuto alla luce tra le cartacce e la sporcizia della metro abbandonata di Philly.
Abbandonato dalla madre non appena questa si è resa conto di aver partorito un mutante.
Additato come menagramo e segno di sventura da tutti coloro che si sono lasciati influenzare dai fenomeni che molti hanno battezzato: le dieci piaghe.
Un paria di pochi chilogrammi di peso.
La mia ragione di vita. Perchè stringerlo fra le braccia e percepirne la delicatezza mi ha reso consapevole di quanto in realtà siamo fragili, di quanto il nostro futuro sia ancora incerto.


lunedì 6 giugno 2016

Casa

Charles, per settimane, mi ha aspettata ogni mattina alla Caffetteria di Gina a Bellavista. L'accordo tacito era di questo tipo: facevamo colazione assieme e lui trovava ogni scusa per pagarmi il caffè. Sulle prime credevo fosse un pappagallo alla ricerca di giovani donne da corteggiare ma mi sono dovuta ricredere.  È  un signore attempato con un accento ruvido ed un portamento  che  ricordano i modi di un ufficiale austroungarico.
Sempre galante, educato, mi ha incuriosito a tal punto che ho deciso di leggergli la mente: è un mutante non registrato. Manipola i metalli.
Ci siamo studiati a lungo, alla fine si  aperto con me, sicuro che non lo avrei tradito.
Abita in una antica casa appena fuori Philadelphia, una casa che sembra una magione scozzese. Le mura sono ricoperte di erbacce e muschio, le stanze sono gelide e mal illuminate eppure nel complesso la struttura ed il suo proprietario possiedono una dignità che ho visto indossare da poche persone.
Credo che mi rifugerò da lui, fino a che la situazione con la Force  non si sarà regolarizzata.  Molti mutanti senza casa bivaccano nelle stanze abbandonate di questa strana costruzione, probabilmente troverò un angolino in cui poter riposare senza il timore di essere braccata e arrestata. Non voglio metterlo nei guai ma la casa è abbastanza lontana dal centro abitato da non destare troppi sospetti.
Da qualche giorno sta poco bene, sono io ora a portargli la colazione, Ne approfittiamo per conversare,  più che altro sulla  situazione politica della città. Di solito è lui a parlare, io ascolto incapace di ribattere, i miei pensieri sono grovigli di immagini frammentate da ricordi. Ricordi che fanno male.
Il tradimento di Syd, la mia inflessibilità, il suo essere come un uccellino impaurito che mi ha fregato completamente.

Il lavoro,
Il lavoro.
Il lavoro.

La voglia impellente di vedere scorrere sangue, sangue umano. Il sangue della King in particolare.
La pace di Inara, l'unica in grado di leggermi la mente, la sua furia guerriera  placata  da un cuore colmo di emozioni che ha deciso di non consumare.

La follia.

La mia fame di libertà che si sgretola di fronte ad un paio di occhi, Sarebbe bastato afferrare quella mano sul ponte  e sarei finita prigioniera. Avrei dovuto colpirlo. Finirlo lì, sul ciglio del precipizio della mia anima.
C'è questa paura che non mi abbandona, ma io non voglio avere paura, voglio affrontarla a viso aperto. Sfidare quella strana sensazione che mi fa contorcere le budella.

Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.

The Apartment

Nel cubicolo che l'inserzione glorificava come bagno padronale una goccia molesta rimbalza ritmicamente sul fondo della vasca. Pren...